eLearning

Caratteristiche e problematiche del mercato e-learning italiano

Quali sono le esigenze attuali del mercato dell’e-learning in Italia? Vediamo su quali elementi è possibile compiere una riflessione.

Quali sono le esigenze attuali del mercato dell’e-learning in Italia?

E’ difficile saperlo da fonti ufficiali, ossia da fonti pubbliche, da organismi che studiano il settore e possono produrre un rapporto periodico. Nel lontano 2006 l’Osservatorio per l’e-learning (di ANEE – Assinform) pubblicò un rapporto interessante, al quale però non fecero seguito altri rapporti sulla medesima tematica da parte di tale ente, incaricato dall’allora Ministero dell’Innovazione e della Tecnologia.

Se cerchiamo sul web, troviamo una miriade di fonti private, e perciò parziali e la cui attendibilità va validata, al di là di eventuali scopi di marketing, che si concentrano su una visione comunque circoscritta del fenomeno.

Come è possibile allora avere almeno un’idea più oggettiva delle esigenze del mercato?

Chi già lavora in questo settore da diversi anni ha acquisito un know-how attraverso il quale può filtrare queste esigenze, le può intuire, grazie al con- tinuo contatto con i clienti e osservando come mutano le richieste di quest’ulti- mi, quali esigenze nuove si affacciano e quali problematiche ormai sono da ritenersi superate, perché acquisite nel bagaglio culturale dei committenti.

Io ho fatto qualcosa in più.

Fissiamo una call?

Non potendo certo avere la pretesa di esaustività e nemmeno la possibilità di estendere una ricerca di mercato in modo capillare su tutte le realtà e-learning italiane, ho cercato attraverso un semplice questionario di intercettare le esigenze delle aziende e dei professionisti del settore, unendo questi dati alla mia personale esperienza nel settore.

Quindi, così come è rischioso affidarsi a fonti terze non oggettive, allo stesso modo premetto che questa mia analisi risente di una certa parzialità, ma è l’unica opportunità che sono riuscito a costruire che potesse essere più oggettiva (seppur limitata) sulla realtà che viviamo.

Prima di discutere nei dettagli della mia piccola indagine, che descriverò nei prossimi miei interventi qui sul blog, premetto che di qui in poi esprimerò la mia personale visione, che è anche frutto degli scambi di opinione e di impressioni con responsabili aziendali e colleghi di tutta Italia.

Il mercato italiano dell’e-learning attualmente risente di alcune limitazioni connesse all’impiego di questa tecnologia per lo più nell’ambito della cosiddetta “formazione obbligatoria”, ossia quella formazione che è prevista e disciplinata dalla legge (come nel caso della sicurezza sul lavoro, la privacy, l’HACCP, l’educazione continua in medicina). A tale ambito possiamo ascrivere anche la formazione continua relativa alle varie categorie professionali iscritte ad albo, che sono obbligate a raggiungere un certo monte di crediti periodico relativo alla formazione, per continuare ad esercitare la professione.

Al di là della formazione obbligatoria, la formazione cosiddetta “volontaria”, ossia basata su una richiesta specifica da parte del committente, e finalizzata a qualificare effettivamente il personale con precise aspettative in termini di ROI (ossia return on investment: sul punto vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Return_on_investment), è davvero minoritaria.

Sul calcolo del ROI nella formazione online, ho scritto anche un articolo su questo blog a cui ti rimando.

Inoltre, le due tipologie di formazione implicano degli scenari completamente diversi: nel caso della formazione obbligatoria infatti, l’intero percorso formativo, per essere accreditato dall’ente deputato (che può essere un ente bilaterale, un ministero etc…) deve rispondere a precisi requisiti di durata, contenuti, fruibilità.

Ne consegue che il livello qualitativo della produzione di e-learning di questo tipo è molto basso, perché chi investe in questo caso è interessato ad ottenere il mero accreditamento, al minor costo possibile, dal momento che la legge non attribuisce particolari meriti a chi sviluppa un prodotto di migliore qualità, ma attribuisce l’accreditamento al rispetto dei minimi standard richiesti.

Fissiamo una call?

A ciò si aggiunge la scarsa cultura della formazione in Italia, che è vista il più delle volte come un costo inutile, da comprimere il più possibile: ne conse- gue che il corso obbligatorio viene svolto con l’intento di ottemperare ad un obbligo normativo, per non incorrere in sanzioni, senza effettivamen- te constatare la qualità di contenuti e indagare l’effettivo impatto che il corso di formazione ha avuto sul personale.

Una domanda sostanzialmente concentrata sugli aspetti formali della formazione online determina un’offerta necessariamente debole, scadente e appiattita sui minimi previsti dalla legge. Non possiamo fare di tutta l’erba un fascio: fatta eccezione per quelle aziende che intendano effettivamente investire nell’e-learning di qualità, possiamo dire che una buona fetta di mercato è rappresentata dal classico imprenditore disinteressato, che magari non ha nemmeno competenze in mate- ria di formazione online e sceglie di pagare per i corsi obbligatori utilizzando il criterio del minor costo, dati i preventivi a sua disposizione.

Questo tipo di scenario è oggettivamente deprimente, perché non favorisce nemmeno un’evoluzione dei prodotti e-learning, cosiddetti di “fascia bassa” o low- budget, per due motivi:

  • innovare nell’ambito della formazione obbligatoria significa investire e quindi fare lievitare i prezzi. Il maggior prezzo non sarebbe gradito dalla domanda di mercato, che non capirebbe l’inasprirsi delle tariffe a fronte di una maggior qualità, che non risponde ai bisogni reali degli im- prenditori. O meglio: non risponde, perché la qualità non è percepita come necessaria per il business;
  • l’innovazione per una maggior qualità, e quindi una maggiore resa in termini di apprendimento e quindi di impatto nella realtà aziendale, è un fattore trascurabile per l’imprenditore medio, il quale percepisce solo la necessità di adeguarsi alle norme.

Ne riparliamo a breve in un prossimo mio articolo. Attendo i tuoi commenti e le tue impressioni. A presto.

Disclaimer. Il sondaggio ha raccolto cinquantacinque risposte: ne consegue che non posso che considerarlo una mera attività esplorativa, al fine di comprendere un fenomeno i cui caratteri profondi devono essere indagati a fondo con strumenti più idonei e con il coinvolgimento di un numero assai più alto di soggetti. Non ho alcuna pretesa di scientificità, ma solo la voglia di porre un punto di vista, un'analisi, per quanto parziale e limitata, del fenomeno, una piattaforma su cui discutere con i colleghi delle effettive caratteristiche del mercato, consapevole di poter esser smentito in ogni momento e felice di poter accogliere ulteriori e più definiti punti di vista, di cui ad oggi non ho disponibilità.