eLearning

La sfida epocale della scuola italiana: la scelta della piattaforma LMS. E i docenti…?

La guerra per la migliore piattaforma LMS al centro della più grande opportunità di concreta innovazione tecnologica nelle scuole italiane. E i docenti?

Nella scuola gli LMS (o piattaforme eLearning) dovrebbero essere sempre stati al centro di ogni azione formativa online, ma adesso lo devono essere per davvero, perchè è su di essi che avverrà uno scontro epocale nel nostro Paese, data la mole di risorse finanziarie specifiche che il Governo Conte ha stanziato per la formazione online nelle scuole.


L’opportunità (nel dramma)

Il Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, dispone una serie di provvedimenti per far fronte all’emergenza Coronavirus, fra cui la dotazione di fondi specifici per la formazione online e la formazione del personale docente alle tecnologie, che trovano nell’art. 120, che riporto qui sotto nella parte più significativa.

1. Il fondo di cui all’articolo 1, comma 62, della legge 13 luglio 2015, n. 107, è incrementato di euro 85 milioni per l’anno 2020.
2. Le risorse di cui al comma 1 sono destinate:
a) per 10 milioni di euro nel 2020, a consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare
quelli già in dotazione, nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità;
b) per 70 milioni di euro nel 2020, a mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme di cui alla lettera a), nonché per la necessaria connettività di rete;
c) per 5 milioni di euro nel 2020, a formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza. A tal fine, può essere utilizzato anche il fondo di cui all’articolo 1, comma 125, della
legge 13 luglio 2015, n. 107.
3. Le istituzioni scolastiche acquistano le piattaforme e i dispositivi di cui al comma 1, lettere a) e b), mediante ricorso agli strumenti di cui all’articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Qualora non sia possibile ricorrere ai predetti strumenti, le istituzioni scolastiche provvedono all’acquisto delle piattaforme e dei dispositivi di cui al comma 1, lettere a) e b), anche in deroga alle disposizioni del
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Si tratta di uno stanziamento importante (circa 85 milioni di euro) dedicato all’acquisto di “piattaforme e dispositivi” per aggiornare le scuole italiane alle tecnologie.

Si è capito, grazie all’emergenza, che fare formazione online significa dotarsi di strumenti adeguati che consentano sia al docente che agli allievi (e relativi genitori) di monitorare il percorso di apprendimento. Ciò che invece, credo, non si sia ancora capito, è che se ci fermiamo al mero acquisto di dotazioni tecnologiche, abbiamo trovato il miglior modo per cambiare tutto affinchè nulla cambi. Tanto valeva chiamarla “operazione Gattopardo” (e non sarebbe la prima volta nella storia della scuola italiana…).

Fissiamo una call?

 

Questa voltà c’è un “però”. Richiedendo l’acquisto di piattaforme eLearning, il Ministero di fatto assegna a ogni scuola la responsabilità di una scelta: ciascuna scuola infatti può decidere autonomamente di quale LMS dotarsi. Scegliere un LMS non si può paragonare alla scelta di acquisto di PC, tablet o altri hardware per la didattica: la piattaforma eLearning è il cuore pulsante della didattica online, quella vera (non quella improvvisata di questi giorni, che secondo me, non è nemmeno didattica…!). 

Prima che la scuola commetta lo stesso errore storico, cioè quello di credere che l’innovazione coincida con il semplice acquisto di hardware, i dirigenti scolastici di oggi dovrebbero tenere presenti le seguenti considerazioni:


# 1 – L’eLearning presuppone una dotazione tecnologica adeguata  

L’adeguatezza tecnologica non dipende dalla qualità dell’hardware acquistato: ci sono parametri molto più importanti che sono in grado di influire sull’efficacia della didattica. La scelta degli strumenti deve inserirsi all’interno di un progetto, di una logica di base di tipo didattico in grado di sfruttare appieno gli strumenti. Prima si decide il setting, il tipo di approccio che si vuole utilizzare, poi, in funzione di ciò, si acquistano i beni e servizi necessari.

insegnanteBasta guardare alle moltissime aule dotate di LIM poco o del tutto inutilizzate, in quanto il docente preferisce utilizzare una didattica differente. Avere a disposizione uno strumento è importante, ma se non lo si utilizza, non ha senso spendere dei soldi per acquistarlo. Per questo motivo la classe docente e le famiglie andrebbero sensibilizzate in merito all’importanza delle scelte tecnologiche ben prima degli impegni di spesa: se il corpo docente non è pronto o si rifiuta di adottare pienamente le tecnologie, a cosa servirà acquistare piattaforme, tablet etc…?

Questa riflessione, che in un contesto aziendale sarebbe di una banalità disarmante, nel contesto scolastico sembra invece nuova: ciò in quanto non viene fatta un’adeguata valutazione della resa della strumentazione acquistata.

  • Quanti dirigenti scolastici verificano l’effettivo utilizzo delle dotazioni tecnologiche?
  • Seppur nella loro libertà metodologica, quanti docenti possono (o sono disposti a) documentare il loro uso quotidiano delle tecnologie messe a disposizione della scuola nella loro attività didattica?
  • Quante famiglie sarebbero disposte ad accompagnare i loro allievi in percorsi di digitalizzazione avanzata nel loro apprendimento a scuola?

Se la scuola non accetta di autovalutarsi ex ante, ossia di analizzare effettivamente il fabbisogno reale di innovazione e sopratutto di verificare l’esistenza di una reale disponibilità a innovare e cambiare determinati approcci didattici, gli 85 miliardi di euro messi a disposizione dal Miur saranno soldi sprecati.

Se invece si ha il coraggio di prendere atto della situazione attuale, verificando la reale disponibilità e preparazione dei docenti per una didattica innovativa, si potrà anche capire, caso per caso, l’effettivo fabbisogno tecnologico ed effettuare acquisti mirati e differenziati, calibrati, per poi procedere ad una verifica ex post, alla fine dell’anno, per comprendere se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti.

# 2 – L’eLearning presuppone una preparazione specifica dei docenti all’uso delle tecnologie e delle metodologie didattiche che sfruttano le tecnologie

Il punto precedente è strettamente legato alla considerazione secondo cui nessuno strumento è utile se si trova nelle mani di chi non lo sa usare: con grande franchezza si dovrà quindi osservare lo stato della preparazione del corpo docente italiano in ordine alla dimestichezza con le tecnologie e in particolare la sua preparazione nell’uso didattico delle stesse.

Non serve saper usare uno smartphone per saperlo impiegare all’interno della didattica, allo stesso modo con cui non è possibile pensare che gli allievi che usano quotidianamente i loro cellulari sappiano automaticamente, ipso facto, utilizzarli per rispondere a dei quesiti matematici o storici o di altro tipo. L’uso della tecnologia è una competenza che bisogna acquisire e va distinta dalla mera conoscenza: sapere dove si trova il comando “salva con nome” non aiuta a risolvere il problema “come faccio a inviare la stessa lettera a 100 persone di cui ho un database?”.

ignoranza

L’aver scambiato la conoscenza per competenza è stato un gravissimo errore strategico che non ha fatto altro che aggravare lo stato dell’ignoranza digitale complessiva del Paese, perchè si è creduto di alfabetizzare il corpo docente limitandosi a certificare le conoscenze sui più diffusi strumenti di office automation senza alcun collegamento reale con l’utilizzo in situazione

Assieme alla dotazione tecnologica, o forse prima di essa, sarebbe il caso di formare adeguatamente il corpo docente, filtrando correttamente l’offerta formativa degli enti accreditati e sfruttando il sistema di formazione già vigente, a livello universitario, nel territorio nazionale.

E’ importante che il Ministero fissi degli obiettivi nazionali inderogabili che riguardino specifiche competenze per la didattica digitale. Le tematiche da affrontare dovranno essere totalmente centrate sull’uso concreto dei dispositivi nelle varie discipline: in tal senso la collaborazione dell’INDIRE, credo sia essenziale.

Sarebbe il caso anche di incentivare economicamente i docenti che scelgono di aggiornarsi e che utilizzano concretamente nella didattica quotidiana le competenze acquisite: è importante in questo senso il ruolo delle famiglie, che dovrebbero vigilare assieme ai dirigenti scolastici sull’effettiva resa dei processi di insegnamento/apprendimento.

# 3 – L’eLearning presuppone una preparazione specifica degli allievi al tipo di setting didattico adottato, per evitare abbandoni e prestazioni scadenti

E’ importante che il Ministero fissi degli obiettivi nazionali inderogabili che riguardino specifiche competenze per la didattica digitale. E poi valuti realmente. Sì, perchè se non valuti l’impatto reale delle innovazioni, non ha senso, purché lo si faccia senza una volontà aprioristicamente denigratoria del corpo docente. E ancor di più: é importante effettuare la mappatura delle reali competenze in ingresso e in uscita degli allievi, a tutti i livelli dell’istruzione scolastica, al fine di capire come essi si rapportano con la tecnologia oggi e sopratutto misurare il grado di ignoranza informatica posseduto dalla popolazione giovanile. 

studenti

Si fa presto a dire che i giovani oggi usano le tecnologie: per cosa? Questo è il punto. Saprebbero usare un telefonino per svolgere una ricerca puntuale su un argomento, senza fare un copia e incolla? Saprebbero costruire un artefatto digitale complesso che racchiuda ad esempio molteplici spunti su una tematica? Oppure usano il telefonino per rispondere alle domande dei test di matematica o copiano e incollano ciò che trovano su wikipedia? 

Gli allievi possono essere educati all’uso consapevole e competente delle tecnologie, purchè vi siano dei docenti e delle famiglie in grado di spiegare loro l’utilizzo più produttivo di questi strumenti: fare eLearning non significare vedersi via skype, significa costruire dei contenuti didattici coinvolgenti, ricchi di multimedialità e basati sul rigore scientifico e metodologico che possano valorizzare la tecnologia e usarla come arma accattivante, motivante per gli allievi, per favorire l’apprendimento.

Viviamo nell’epoca del “prosumo” o dell” “user generated content”: che cosa facciamo creare a questi allievi oggi? Cosa sono in grado di costruire con le tecnologie attuali che possa essere valutato come apprendimento? A cosa serve usare una LIM in classe se poi usiamo tutti carta e penna e non lasciamo a loro, ai protagonisti dell’apprendimento, la possibilità di costruire o di co-costruire con noi una conoscenza che è basata sull’approfondimento, sulla curiosità, sulla creatività?

Sostituire la lavagna in ardesia con un bellissimo plasma touch-screen non servirà ancora a nulla: la vera rivoluzione è nel setting didattico, è in un modo di insegnare ad apprendere, è nel rendere coinvolti gli allievi con ciò che già hanno – per fortuna nella stragrande maggioranza dei casi – nelle loro tasche e nelle loro case. Il Ministero ha per caso effettuato un’analisi a tappeto sui metodi didattici applicati, classe per classe, basati sulle tecnologie? Come è possibile sapere se davvero si sta innovando?

L’eLearning richiede impegno, un maggiore impegno da parte di tutti: docenti, allievi e famiglie. Siamo disposti a impegnarci di più? 

# 4 – L’eLearning è più costoso in termini di tempo e denaro rispetto alla lezione frontale in classe (e questo l’hanno capito davvero in pochi!)

La lezione frontale è forse la tecnologia più economica che esista, specie se il docente è in servizio da molto tempo, perchè egli ha consolidato oltre che una preparazione disciplinare importante, anche una consapevolezza metodologica e di gestione della classe invidiabile. Inoltre, seppur la lezione frontale viene “preparata” il giorno prima, è indubbio che l’esperienza cumulata dal docente gli consente una certa libertà e comodità, dettata dall’abitudine se non altro, nell’insegnare ai ragazzi con questo metodo classico. E’ un approccio tradizionale che non richiede sforzi nuovi: il docente spiega, gli allievi stanno a sentire. Si assegnano i compiti a casa e poi si fanno le verifiche. Stop.

L’eLearning non è così, o almeno così non dovrebbe essere… Ma l’hanno capito ancora in pochi. Mi auguro che questa particolare condizione di quarantena, che ci costringe a fare i conti con la tecnologia e ad usarla come mai prima d’ora in modo proficuo e competente, ci insegni a capire che la qualità si paga: si paga non solo in termini economici, ma umani. Per ottenere di più, l’impegno deve essere quantitativamente e qualitativamente diverso.

L’eLearning non può essere la fotocopia della lezione frontale. E checché se ne dica, l’attuale “teledidattica”, per quanto mi riguarda, è una buffonata: nel senso che è importante restituire continuità e senso agli allievi costretti a casa, ma la semplice condivisione di uno schermo e di webconference che replica i ritmi e i modi della scuola classica è senza senso e peraltro mortifica il valore stesso della tecnologia che si sta impiegando.

Questo deve essere il momento di ripensare la didattica: l’interattività deve stare al centro. Ma chi sa farlo?

Quanti docenti saprebbero oggi costruire dei learning object interattivi, delle mappe concettuali dinamiche con Google Maps? Chi veramente sa usare i social software nella didattica? Fare tutto questo, a patto che si sappia fare (e si dovrebbe oggi saper fare, dopo più di dieci anni di studi, pubblicazioni, letteratura in materia, master e corsi vari che sono stati disponibili per molto tempo in diverse università italiane…) richiede tempo.

La lezione frontale al confronto è praticamente “gratis”: poco sforzo e poca resa (con le tecnologie). Sarà il caso di mandarla in cantina? Finiamo di scimmiottare l’innovazione e facciamola per davvero, assumendocene il carico, tutti: istituzioni, famiglie, docenti e allievi. Altrimenti sarà meglio lasciar perdere: investiamo in ardesia e gessetti e, anzi, torniamo al pennino e calamaio, magari riusciamo a migliorare le capacità di bella calligrafia negli allievi del III millennio… 

# 5 – Il tipo di LMS che scegli rappresenta la direzione verso cui vuoi andare: devi scegliere fra open-source e piattaforma proprietaria

Se si vuol fare eLearning seriamente è necessario dotarsi di strumenti software adeguati: la didattica online deve quasi sempre basarsi su un luogo virtuale dove avvengono i processi di socializzazione delle conoscenze, dove sia possibile accedere ad un repertorio di materiali preesistenti e/o preparati dal docente o costruiti dagli stessi allievi, dove sia possibile utilizzare strumenti integrabili di valutazione e ricerca. 

LMS

Questo luogo virtuale è quello che comunemente viene definito “piattaforma eLearning” o “piattaforma FAD” e che tecnicamente si definisce LMS, ovvero Learning Management System. Nel corso degli ultimi anni l’offerta di LMS si è davvero diffusa e vi sono moltissime soluzioni interessanti. 

Vi è da fare una sostanziale suddivisione fra tutte soluzioni attualmente disponibili: vi sono soluzioni open-source e soluzioni proprietarie. Ciascuna soluzione presenta vantaggi e svantaggi.

Per quanto riguarda le soluzioni open-source, esse si basano sul paradigma della libera distribuzione e della creazione “dal basso”, coinvolgendo una community di esperti e programmatori che si prende cura del software quotidianamente, apportando miglioramenti. Più precisamente, wikipedia ci ricorda:

In informatica il termine inglese open source (cioè sorgente aperta) viene utilizzato per riferirsi ad un tipo di software o al suo modello di sviluppo o distribuzione. Un software open source è reso tale per mezzo di una licenza attraverso cui i detentori dei diritti ne favoriscono la modifica, lo studio, l’utilizzo e la redistribuzione. Caratteristica principale dunque delle licenze open source è la pubblicazione del codice sorgente (da cui il nome). Il fenomeno ha tratto grande beneficio da Internet, perché esso permette a programmatori distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto.

tratto da: https://it.wikipedia.org/wiki/Open_source 

Il software proprietario dipende invece da un’azienda che lo produce e ne custodisce il codice sorgente. Non è un prodotto creato dal basso, anche se l’azienda, sulla base delle sue ricerche di mercato e sui suggerimenti liberi degli utilizzatori può innovare il prodotto periodicamente. 

Solitamente il software open-souce è più incompleto e spartano rispetto al software proprietario (almeno nelle prime versioni), ma la sua libera distribuzione ne rende facile la diffusione.

Il software proprietario, applicando un prezzo sin da subito, appare meno conveniente, ma può garantire un’assistenza tecnica pronta e preparata che nel caso dell’open-source si basa quasi interamente sulla libera disponibilità della community. Esistono poi per l’open-source varie società che implementano delle “personalizzazioni” o delle versioni migliorate del prodotto di partenza (grazie alla licenza open-source appunto) che vendono a pagamento.

Il rischio dell’open-source è che per effettuare delle modifiche (che sono libere) è necessario reclutare dei programmatori esperti che conoscano il codice sorgente, ed è una soluzione piuttosto costosa.

Le soluzioni proprietarie sono solitamente più complete e flessibili sin dall’inizio (anche se impediscono modifiche da parte dell’utente, al di fuori di ciò che il software stesso consente fra le sue funzionalità).

E’ importante, quando si sceglie, tener conto del quadro dei costi: nell’open-source i costi iniziali sono praticamente nulli, ma possono lievitare vertiginosamente ad ogni richiesta di personalizzazione/modifica del software di base; nel software proprietario il costo sostenuto all’inizio è onnicomprensivo di tutta l’assistenza tecnica e dell’affidabilità del prodotto.

Fissiamo una call?
# 6 – Il mio punto di vista sugli LMS

Premetto che qui esprimo il mio personale punto di vista sul mondo degli LMS e che – in ogni caso – la piattaforma eLearning é e rimane uno strumento, centrale e fondamentale, ma pur sempre uno strumento: la vera didattica ha un setting di regole chiare, definite in modo armonico, grazie alle quali tutti gli strumenti adottati si inseriscono correttamente per favorire al meglio l’apprendimento.

Detto questo, oggi mi sento di consigliare una soluzione proprietaria sia alle aziende che alle scuole: so bene che costa di più, so bene che molti di voi vogliono non affidarsi totalmente ad un’azienda privata, perché l’open-source “é libero” e ti rende libero da qualsiasi condizionamento dovuto alle scelte di produzione dell’azienda che crea il software.

opinione

Mi occupo di eLearning da 16 anni: conosco bene le più importanti soluzioni open-source, che hanno fatto passi da gigante nel migliorarsi. Nonostante ciò, credo che per un apprendimento di qualità, oltre ai fattori prima detti, che restano primari, rientrino altri fattori, specialmente in un Paese a bassa alfabetizzazione informatica come l’Italia. Essi sono:

  • ambiente digitale esteticamente gradevole
  • usabilità e intuitività dell’interfaccia (GUI)
  • semplicità dei passaggi nell’utilizzo
  • nulle o scarse operazioni di installazione e configurazione

A primo acchito sembrano banalità, ma non lo sono affatto. Non siamo tutti programmatori, non siamo tutti esperti di interfacce e buona parte degli italiani a malapena sa come si usa il pacchetto Office (nonostante, una parte, ancora più piccola fra questi, abbia conseguito una certificazione…). Non è compito del docente o della famiglia installare e configurare una piattaforma.

Lo stiamo vedendo in piccolo in questi giorni: docenti che chiedono a destra e a manca quale software utilizzare per le videolezioni, come fare a produrre dei contenuti multimediali, quale piattaforma groupware utilizzare per coordinarsi con gli alunni…Dove eravate rimasti? A Word? Alla faccia delle innovazioni!

Quando il livello delle competenze digitali del corpo docente (e di molte aziende, le quali non se la passano mica meglio…) sarà più elevato, potremo permetterci delle soluzioni forse più sofisticate, che consentano agli utenti di “smanettare” un po’. Ma per ora, siamo a livello di divulgazione elementare: se lo strumento risulta complesso e/o poco usabile, verrà messo da parte, nonostante la necessità e l’emergenza. E se poi c’è un problema? A chi chiamiamo? All’esperto programmatore che abbiamo a scuola o in azienda? E chi sarebbe? Può permetterselo solo chi ce l’ha in organico (e deve essere una persona preparata e aggiornata, non un semplice laureato in Informatica nel 1989 che da allora in poi ha solo custodito i macchinari della sala informatica…).

Siamo realisti: i costi organizzativi, transazionali, umani ed economici di una soluzione LMS di tipo open-source adesso sarebbero immani e produrrebbero lo stesso effetto che hanno prodotto sinora: adottiamo la soluzione e la collochiamo nella solita stanza-dimenticatoio assieme al Pascal, al Cobol, ai PC polverosi e, a breve, assieme alle LIM…

Facilità e immediatezza devono essere gli imperativi categorici di questa fase storica, a mio parere: l’innovazione deve entrare dalla porta principale perchè deve essere semplice e non deve spaventare. Tutti devono sentirsi in grado di gestirla.

Ecco perchè le soluzioni proprietarie al momento disponibili sul mercato possono rispondere a questa precisa esigenza: il costo economico (che comunque per gli enti no-profit è solitamente minore, per particolari politiche di pricing ad essi riservati) da sostenere adesso è una garanzia di successo. Poi si vedrà: il mercato concorrenziale determinerà la miglior soluzione e alla fine ciascuno sarà libero di cambiare idea quando vuole in ogni momento. Perché? Perchè i learning objects godono della proprietà dell’interoperabilità: se si chiudono in formato SCORM, essi sono riconosciuti da tutte le piattaforme eLearning esistenti che adottano tale formato (ossia il 99%). Lo sapevate? No??? Ecco un altro motivo per non scegliere l’open-source…

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