eLearning

I desideri segreti dell’eLearning Specialist

Cosa desidera l’eLearning Specialist per dare il meglio di sè nel mercato italiano? E’ così difficile conoscerlo e accontentarlo? Beh, io dico che conviene…!

Passiamo adesso alle esigenze specifiche dei professionisti, che nella realtà piuttosto limitata e limitante, che ho descritto a seguito di un piccolo sondaggio da me condotto fra gli stakeholder del settore (a cui ti rimando prima di leggere questo articolo), non si sono sottratti dal denunciare la loro frustrazione nell’essere sottoutilizzati, nell’evidenziare la necessità di fare meglio, di dare all’e-learning una veste reale di efficacia e qualità, che sembra essere più un sogno, una speranza che una concretezza della quotidianità.

Infatti, alla seconda domanda del questionario ho chiesto: “Quale area delle tue attuali competenze e-learning vorresti migliorare per la tua professione?”. Ho raggruppato in categorie abbastanza omogenee le varie risposte libere ottenute, come puoi vedere dalla tabella 3.

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Mettendo da parte tutte le dovute osservazioni imputabili alla semplificazione dei dati, quello che emerge è una forte esigenza di aggiornamento professionale inerente le tecniche, i software, i metodi didattici, tutto ciò che il settore ha di innovativo da offrire.

Questo dato è molto positivo perché dimostra l’esistenza di una categoria professionale che ha fame di sapere, di crescere, di diventare competitiva. Ed è facile anche dedurre il grado di frustrazione che i professionisti dell’e-learning sperimentano ogni giorno nel doversi applicare a dei progetti di bassa qualità, limitati nel budget e nei tempi, rispetto a quanto vorrebbero fare, in virtù di una domanda di aggiornamento professionale così forte.

Fissiamo una call?

E’ possibile notare anche come l’area della grafica, dei video e della programmazione siano rappresentate rispettivamente dal 20% e dal 7% dei colleghi.

Volendo ulteriormente semplificare, se facciamo rientrare nell’alveo dell’aggiornamento professionale l’uso della grafica e della programmazione – spesso necessari nella quotidianità del lavoro di ogni e-learning specialist, specialmente nei casi in cui è più difficile ricorrere all’outsourcing per specifiche applicazioni – saliamo al 48% del campione (ossia: 20% + 7% + 21%).

Appaiono stranamente minoritari l’interesse per la gamification (10%) e lo storytelling (2%): penso che questo esito sia in parte giustificabile dal fatto che tali ambiti sono ancora percepiti come nuovi e l’esigenza di implementarli su larga scala è ancora non sentita nel settore.

Ne consegue che, a parte alcuni big player, i professionisti che operano sul mercato preferiscono aumentare la loro competitività nelle aree già battute e utilizzate dal mercato, piuttosto che avventurarsi in ambiti meno battuti, anche se interessanti, ma la cui applicabilità concreta e limitata é difficile da spendere sul mercato, per l’assenza di grandi canali di accesso ai big buyers.

Inoltre la gamification e lo storytelling costituiscono dei set di competenza ad alto valore aggiunto, che possono risultare spendibili sostanzialmente al momento solo nella produzione di formazione volontaria e nei confronti di grossi clienti na- zionali e internazionali, a cui la pleiade di piccoli operatori certamente non può accedere con facilità.

Ne consegue che il miglior investimento sul proprio aggiornamento professio- nale è quello riguardante i software, la grafica e le novità del mercato dei software, delle tecniche didattiche etc.. Purtroppo la struttura del mercato italiano in qualche modo “scoraggia” i professionisti a intraprendere nuove strade, seppur più interessanti e di successo (se vediamo il mercato estero), perché il rischio di investire con risultati scarsi è percepito come elevato.

L’instructional design, qui declinabile anche nella mera progettazione dei contenuti, e quindi nella costruzione e uso di storyboard per l’e-learning, è un’esigenza che trova riscontro nel quotidiano del lavoro dei colleghi, anche se poco significativa, dal momento che la maggior parte delle produzioni sono a basso budget e su contenuti limitati e già forniti dagli stessi committenti: la tempistica e i budget limitati quasi costringono di fatto il professionista a comprimere la fase della progettazione a tal punto da procedere direttamente allo sviluppo, saltando o minimizzando l’eventuale costruzione di storyboard.

Ciò costituisce un grave danno sia alla professionalità degli esperti e-learning sia alla qualità generale delle produzioni, che, in assenza di una corretta progettazione, sono spesso caratterizzate da errori in corso d’opera che vanno corretti ex post con ovvie perdite di tempo – spesso non ripagate economicamente dal committente – che si traducono in ulteriore frustrazione per l’esperto e-learning, il quale si fa carico di sbavature e superficialità indotte dalla natura scadente del progetto stesso imposta dalla committenza.

Un approfondimento merita anche la categoria di risposte che riguarda- no le competenze tecniche riguardanti la configurazione e l’amministrazione delle piattaforme e-learning, la quale solo in apparenza sembra slegata dal contesto, ma in realtà è l’ulteriore conferma della presenza di un mercato orientato alle produzioni low-budget, che investe poco e preferisce le soluzioni opensource a quelle proprietarie.

E’ il caso di Moodle (™), la cui diffusione ormai è capillare in Italia, che a fronte della sua gratuità pone spesso delle questioni tecniche complesse che non sono alla portata di tutti; inoltre l’e-learning specialist, per quanto debba conoscere il panorama delle piattaforme fad, non è tenuto a conoscerne i dettagli in profondità, perché deve essere un amministratore a saper gestire le piattaforme.

Invece ciò che emerge è invece il carico di responsabilità di cui investono i learning specialist i vari committenti, pretendendo una gestione dei contenuti in piattaforma e l’attivazione di funzioni, di personalizzazioni etc…

Per quanto una buona fetta di mercato si sia rivolta a Moodle (™) come scelta gratuita, si è sottovalutato il costo implicito della manutenzione e la gestione di un software opensource, che potrebbe causare problemi e non è affidato ad un team di esperti in grado di rispondere prontamente come nel caso dei software proprietari (salvo che rivolgersi ai pochi partners ufficiali della piattaforma), ma invece è affidato per lo più alla community che lo sostiene con van- taggi e svantaggi del caso.

Fissiamo una call?

La “finta gratuità” dell’open-source è un concetto difficile da far passare: costa molto di più nel medio-lungo periodo l’open-source, perché i continui interventi e le soluzioni personalizzate richiedono l’intervento di programmatori qualificati che sono difficili da reperire e anche molto costosi. Inoltre la gestione di Moodle non dovrebbe essere affidata agli esperti e-learning nè a personale che “vanta” esperienze discutibili.

E’ ovvio che l’alternativa (connessa all’uso di una piattaforma FAD di tipo pro- prietario) di dover pagare un quota mensile fissa, a prescindere dalle effettive iscrizioni pervenute, può costituire un deterrente all’ingresso, ma certamente ha un costo alla lunga inferiore rispetto ad eventuali interventi one-shot per la personalizzazione dell’ambiente.

Una volta individuata la piattaforma si compie una scelta di campo: il trasferimento dei learning objects da una piattaforma all’altra è possibile, ma spesso richiede tempo e competenze tecniche e quindi ha un costo. Valutando tutto ciò, la scelta dovrebbe orientarsi subito sulle soluzioni proprietarie, ma così non accade.