eLearning

Come provocare un cambiamento nel mercato italiano dell’eLearning

In un mio precedente intervento ho introdotto alcune criticità tipiche del mercato eLearning italiano. Qui mi pongo la domanda: cosa si può fare per cambiare rotta?

In un mio precedente intervento ho introdotto alcune criticità tipiche del mercato eLearning italiano e mi sono posto anche la domanda “cosa si può fare per cambiare le cose”? La risposta non è facile e credo che non sia nemmeno univoca.

Ciò che posso fare qui è fornire un’analisi, per quanto limitata e specifica (dato il campione di soggetti che gentilmente ha risposto ad un mio questionario diversi mesi fa)  su alcuni aspetti del mercato che ho voluto indagare. Tieni conto che il campione che si è sottoposto al questionario è inferiore alle cento unità, quindi quanto a rappresentatività non è proprio il massimo… Ma anche questo è un dato da capire e che può dare (forse) un’idea della difficoltà di coinvolgere gli operatori interessati. Preferisco tuttavia pensare di non essere stato io sufficientemente convincente e coinvolgente.

Lungi da me l’intenzione di emettere sentenze o dare certezze: prendiamo quindi questi dati per quello che sono, ossia un interessante spunto di riflessione da cui partire. 

Fissiamo una call?

Quali sono le esigenze reali degli operatori del settore e-learning? Quali sono le difficoltà, le criticità maggiori che incontra oggi chi lavora nell’e- learning, data questa cornice di riferimento? Per rispondere bene a questa domanda ricorrerò ai risultati di un questionario a cui hanno preso parte molti colleghi che ringrazio per la loro disponibilità. Non ho raccolto molti dettagli, perché lo scopo era quello di focalizzarmi sulle principali esigenze e criticità sentite dai colleghi. E’ ovvio che un’indagine approfondita richiederebbe stru- menti più complessi e un campione di riferimento ben più corposo (anche se il campione è per così dire “dinamico”, in quanto cresce periodicamente, sulla base delle adesioni spontanee degli utenti. Si tratta dunque di un campionamen- to casuale, seppur qualificato dell’afferenza dei singoli all’area e-learning). Cre- do tuttavia che i risultati emersi siano davvero interessanti. Vediamone alcuni.

Ai vari operatori del settore che hanno spontaneamente deciso di rispondere al questionario, ho posto la domanda: “Qual’è il problema o la difficoltà che incontri maggiormente nel settore e-learning?”.

Trattandosi di risposte aperte, per comodità, ho categorizzato l’esito in alcuni topic che sono emersi dall’analisi dei risultati.

Le risposte categorizzate le ho inserite in tabella 1.

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I dati raccolti evidenziano come la problematica principale che emerge nel settore è proprio l’ignoranza e la scarsa competenza dei clienti (ossia dei committenti che affidano gli incarichi di produzione) circa la tecnologia e-learning (quasi un terzo del campione). Segue la percezione che gli utenti, i fruitori dell’e-learning non siano interessati ai corsi online (15%). La scarsità di budget e/o di tempi per la produzione e-learning è al terzo posto (13%), inseguìto, per così dire, dallo scarso valore delle produzioni e-learning (11%).

Vorrei proporre a questo punto una ristrutturazione dei dati, volta a semplificare il problema della incompetenza diffusa relativa alle caratteristiche del prodotto e-learning, a prescindere dal fatto che essa sia da attribuire ai clienti per motivi connessi alla tecnologia o per scarsa conoscenza della complessità del lavoro dell’e-learning specialist: infatti, proprio l’assenza di una visione concreta dell’e-learning, sia come prodotto che come processo costituisce comunque una barriera pressoché omogenea, che impedisce al settore di svilupparsi più veloce- mente.

Fissiamo una call?

Se accorpiamo le prime due voci degli esiti del questionario otteniamo un 36%, inerente l’incompetenza che il mercato mostra di avere nei confronti dell’e-learning.

Se poi accorpiamo alle voci precedenti le problematiche connesse alle tempistiche e al budget, se consideriamo tali prassi come correlabili alla scarsa conoscenza delle esigenze del settore e delle sue intrinseche specificità (anche perché tempi e budget sono assegnati dagli stessi soggetti committenti che do- vrebbero conoscere bene il settore), saliamo al 49%.

Possiamo affermare allora, ferme restando le dovute precauzioni connesse ad uno uso forse eccessivo della semplificazione (ma qui non abbiamo pretese di scientificità), che praticamente metà delle cause responsabili delle difficoltà del settore è imputabile a condotte direttamente o indirettamente riconducibili a dei committenti con scarsa conoscenza della tecnologia e delle caratteristiche intrinseche del settore e-learning.

Possiamo procedere ad un ulteriore accorpamento in ordine a tre categorie di risposte: lo scarso valore della produzione, lo scarso interesse degli allievi onli- ne e le difficoltà relative alla valutazione di efficacia del percorso formativo online, che potremmo ricondurre sotto il comune alveo delle “problematiche con- nesse all’efficacia dell’apprendimento online”, la quale dunque rappresenterebbe come problematica, da sola, ben il 32%, oltre un terzo del campione.

La situazione quindi evolve come in tabella 2.

Quello che emerge è che poco più dell’80% (ovvero 49% + 32%=81%) dei problemi riscontrati dagli operatori del settore e-learning è rappresentato da un corto-circuito tra aziende committenti, che ignorano le caratteristiche e le potenzialità delle tecnologie didattiche da un lato (49%) e le dirette conseguenze di tale circostanze che induce gli stessi committenti a investire poco e male nell’e-learning, generando contenuti di scarso valore, di scarsa efficacia, portando gli stessi utenti-fruitori a svalutare l’e-learning data la scarsa qualità dei materiali forniti (32%).

Le due “cause principali” fin qui individuate sono di fatto causa e con- seguenza fra loro come in un circolo vizioso: l’ignoranza determina scarsi budget, investimenti risibili che conducono a prodotti di scarsa qualità, i quali a loro volta generano nelle persone l’idea che l’e-learning serva a poco; tutto que- sto contribuisce a consolidare l’idea che l’e-learning sia qualcosa di scarso valore e che non richieda chissà quali investimenti. E il meccanismo ricomincia.

Disclaimer. Il sondaggio ha raccolto cinquantacinque risposte: ne consegue che non posso che considerarlo una mera attività esplorativa, al fine di comprendere un fenomeno i cui caratteri profondi devono essere indagati a fondo con strumenti più idonei e con il coinvolgimento di un numero assai più alto di soggetti. Non ho alcuna pretesa di scientificità, ma solo la voglia di porre un punto di vista, un'analisi, per quanto parziale e limitata, del fenomeno, una piattaforma su cui discutere con i colleghi delle effettive caratteristiche del mercato, consapevole di poter esser smentito in ogni momento e felice di poter accogliere ulteriori e più definiti punti di vista, di cui ad oggi non ho disponibilità.